L’Associazione storici dell’Arte della Svizzera italiana (ASASI) nasce nel 2019 con lo scopo di aggregare, mettere in rete, porre in luce e tutelare il lavoro dei professionisti attivi nell’ambito della disciplina storico-artistica, con particolare riferimento alla Svizzera italiana.
A tale scopo l’Associazione si prefigge la costituzione di un polo scientifico per le Arti Visive, volto a tutelare e a promuovere gli studi sull’arte e sugli artisti del passato e del presente che hanno inciso sull’ambito culturale della Svizzera italiana, nella loro relazione con il contesto internazionale.
Nel perseguire tali finalità l’Associazione si prefigge la promozione di occasioni di scambio tra tutti gli attori attivi nell’ambito della storia dell’arte: conservatori, restauratori, mercanti d’arte, insegnanti di storia dell’arte e membri di altri poli scientifici in Svizzera e all’estero, scuole di vario ordine e grado, università, musei, istituti di ricerca, associazioni e fondazioni, organi di tutela del patrimonio, dicasteri cultura. Tra le sue caratteristiche figurano da una parte l’apertura ai giovani studiosi della disciplina già diplomati o in via di formazione e dall’altra il proporsi quale polo di riferimento per gli studi storico-artistici e per gli studiosi della disciplina, volto a certificare la professionalità dei suoi membri e utile a istituti pubblici o a singoli privati cittadini. In futuro è ipotizzabile anche la costituzione di un archivio degli storici dell’arte nella Svizzera italiana.
Comitato
Laura Damiani Cabrini (presidente)
Ivano Proserpi (vice presidente)
Ada Cattaneo
Anna Lisa Galizia
Dario Jucker
Manuela Kahn Rossi
Nicolò Latini
Membri onorari
Mauro Natale, Professore emerito di Storia dell’arte moderna presso l’Università di Ginevra.
Carole Haensler Huguet, Direttrice del Museo Villa dei Cedri Bellinzna e Presidente dell’Associazione dei Musei Svizzeri (AMS).
Edoardo Agustoni (1960-2023)
Sabato 13 aprile, ore 15:00-17:00
Visita guidata al
cantiere di restauro del Santuario della Madonna d’Ongero a Carona.
Interverranno l’architetto Luca Giordano (direttore dei lavori), la storica dell’arte Helena Bernal (collaboratrice scientifica dell’Ufficio cantonale dei beni culturali), gli storici dell’arte Laura Damiani Cabrini e Ivano Proserpi, i restauratori Claudia Mombelli (Alberti&Sironi) e Gianmaria Manvati (La Maddalena SA).
Per motivi logistici e organizzativi, il numero di partecipanti alla visita è limitato a 25 persone, con precedenza agli associati AsaSi per il 2024. Si prega di annunciare la propria presenza al seguente indirizzo di posta elettronica info@asasi.ch o tramite SMS allo 0765788171 entro giovedì 11 aprile 2024. Ulteriori conferme e dettagli circa l’incontro saranno inviati tramite posta elettronica entro venerdì 12 aprile.
AsaSi intende ricordare il socio fondatore dell’associazione, nonché amico e collega, Edoardo Agustoni, con la lettera spedita dallo storico dell’arte Jean Soldini all’indomani del suo decesso e pubblicata ne Il Cantonetto, anno LXX, n. 2, del dicembre 2023.
Ricordando Edoardo Agustoni
Eccomi qui, a ricordare Edoardo Agustoni, nato nel 1960 e scomparso il 23 ottobre scorso, di cui sono stato amico, collega per anni al Centro Scolastico per le Industre Artistiche di Lugano, e particolarmente in quello che fu il Liceo artistico trasformato poi in Scuola Cantonale d’Arte (insegnò anche nella Scuola Media e nella Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana, settore Conservazione e restauro). Lo so che devo parlare di lui come insegnante e storico dell’arte. Ed è questo soprattutto il modo per rendergli omaggio. I pensieri faticano però a formarsi perché la morte è qui, è troppo vicina e sempre ugualmente insopportabile. Ci sconvolge meno quando è distante da noi, quanto i morti non li abbiamo visti, incrociati o conosciuti personalmente. E ogni giorno…ve ne sono così tanti. Prima di tutto vite stroncate a causa della brutalità umana. Una moltitudine senza fine di uomini piange e grida il proprio dolore. Ognuno di questi uomini potrebbe far sue le parole di Agostino nelle Confessioni. Sono di una lucidità sconvolgente. Parla della morte del suo amico più caro: “I miei occhi andavano ricercandolo ovunque e non lo trovavano; tutto mi era diventato odioso perché egli non c’era, e non mi potevo più dire: ‘Eccolo, viene!’, come quando era assente, ma vivo. Ero diventato un grande enigma per me stesso: domandavo all’anima mia perché fosse così triste, perché mi dolesse tanto, ma essa non sapeva che cosa rispondermi. E se le dicevo: ‘Spera nel Signore’, essa non mi ubbediva, e ben a ragione, perché l’amico carissimo che le era stato tolto era più reale e migliore del fantasma che presentavo alla sua speranza. Il pianto solo mi era dolce ed aveva preso il posto dell’amico nelle gioie dell’animo. Ed io continuavo ad essere per me un luogo di infelicità, dove non potevo restare, dal quale non potevo fuggire” (Le confessioni, introduzione di Christine Mohrmann, traduzione di Carlo Vitali, Rizzoli, BUR, Milano 1994 libro IV, capitolo IV, p. 116). “‘Eccolo, viene!’, come quando era assente, ma vivo”, scrive Agostino. Assenza più vera di ogni altra cosa. Assenza che ci mette di fronte all’ineluttabilità della nostra morte, ma anche ad altro a cui Edoardo, durante la sua malattia, mi ha riportato. Deve essere accaduto qualcosa di simile a tutti coloro che sono stati in relazione con lui in questo suo ultimo tratto di esistenza, confrontati alla concretezza senza spiegazioni, senza analisi del coraggio e della dignità semplice di fronte alla prospettiva della fine prossima e del passaggio attraverso il dolore fisico straziante. Questo coraggio e questa dignità non erano quelli di un uomo con la sua solitudine, ma quelli di chi sa mettere con naturalezza al centro l’amicizia, il calore delle relazioni umane, la gioia per il sole, il mare, l’arte con commenti puntuali su dipinti e sculture, in modo particolare del Seicento. Penso al suo entusiasmo per alcuni quadri di pittura napoletana del Seicento nella Collezione De Vito esposta a Aix-en-Provence, al Musée Granet o per una scultura di Madonna col Bambino uscita dalla fabbrica di maioliche di Joseph Fauchier nel 1735, in cui vedeva echi di Pierre Puget, il grande scultore di Marsiglia attivo a Genova come nel San Sebastiano e nel Sant’Alessandro Sauli in Santa Maria Assunta in Carignano. A proposito di Marsiglia, mi scrisse (era la fine del mese di luglio di un anno fa; stava ancora bene) che la portava nel cuore, perché vi abitava una zia. Imparò a conoscerla alla fine degli anni Sessanta. “Quando si doveva passare in auto vicino al Panier [cuore storico di Marsiglia, una volta luogo popolare per eccellenza], questa mia zia si raccomandava che i finestrini fossero alzati e le porte chiuse dall’interno…[…] qualche traccia di quella Marsiglia l’ho ritrovata nei libri di Jean-Claude Izzo”. Edoardo mi è apparso come colui per il quale – anche in condizioni difficili e con chissà quali momenti di angoscia, di paura – l’uomo non se ne sta solo, ma è con gli altri sino alla fine, come se essere insieme fosse la cosa più naturale di questo mondo. Perché poi è così. Siamo soprattutto fatti d’altro e di altri. La morte lacera questo tessuto, strappa via qualcosa in chi resta, strappa tutto in chi parte. Resta però, fino all’ultimo, la vita che può essere sconfitta solo da se stessa. Non dalla morte. Può essere sconfitta unicamente dalla vita che non vive per quello che è, per quell’essere insieme che essa è. Per cui “Le bonheur de vivre est la faculté de s’agrandir, d’être la richesse de plusieurs” (Le meneur de lune, Albin Michel, Paris 1979, p. 80). Sono parole del poeta e scrittore Joë Bousquet che il 27 maggio del 1918 – aveva ventun’anni – fu ferito durante un combattimento rimanendo paralizzato. La parte estrema della vita di Edoardo Agustoni mi ha permesso di comprendere meglio l’uomo conosciuto nel corso degli anni, il suo equilibrio, la sua tranquilla determinazione nel lavoro, sempre rispettosa delle singole personalità con cui aveva a che fare. Mi ha permesso d’intuire un po’ di più la peculiarità della sua onestà, della sua mitezza con carattere, del suo entusiasmo e dell’ottimismo mai ostentati, della capacità di aprirsi con discrezione ma senza reticenze per parlare delle proprie difficoltà, dei momenti di silenzio in cui poteva apparire un po’ perso. Non li avevo messi a fuoco insieme e con la forza necessaria. La sua ultima lezione è stata simile a una luce su questi suoi tratti. Niente di nuovo, di diverso, ma qualcosa mi ha mostrato quell’amico, quel collega in una sorta di sintesi fulminea. Da lui avrei potuto imparare di più. Ne saranno stati capaci i suoi studenti, che non solo avranno fatto tesoro del suo sapere storico-artistico, ma che avranno anche colto i suoi pregi d’uomo. Perché gli studenti sono sempre molto attenti alla qualità umana, anche quando sembrano distratti e distanti. Hanno un senso sicuro per riconoscere coloro di cui ci si può fidare. Mai ho sentito Edoardo lamentarsi dei giovani affidatigli, drammatizzare né prendere con noncuranza situazioni difficili. Gli studenti gli erano affidati anche in veste di responsabile del Liceo artistico del Centro Scolastico per le Industre Artistiche, un’esperienza notevole in termini di sperimentazione, nata dal corso di Arti decorative e che dal 2014 continua con la Scuola Cantonale d’Arte. Lo avevo preceduto in quella veste, e insieme a lui e agli altri insegnanti coinvolti abbiamo lottato perché quel patrimonio di esperienze non fosse soffocato e potesse proseguire il suo cammino. Con lui e i colleghi di storia dell’arte abbiamo lottato anche per la difesa di questa materia al CSIA, contro i tentativi di ridimensionarla in un contesto globale della scuola d’oggi in cui più che di cultura ci si preoccupa di competenze minime per, come si dice, gestire le situazioni della vita quotidiana e affrontare le sfide di una vita futura che si vuole già decisa da una società guidata solo dal mercato. Eppure, per esempio, proprio la storia dell’arte “è in grado di dare un senso al divenire collettivo, di ridare prospettiva al caos del mondo o più precisamente al caos nato dalla moltiplicazione di simulacri di ogni genere” come scriveva Salvatore Settis alcuni anni fa (La storia dell’arte aiuta a vivere, in Il Sole24 ore, 19 giugno 2011). La storia dell’arte può avere un ruolo particolare con la sua disciplina del guardare lungamente, senza fretta, coltivando il gusto delle sfumature nelle similitudini, delle differenze nelle ripetizioni. Sono aspetti su cui Agustoni aveva le idee chiare, che facevano intimamente parte del suo essere ricercatore. Si era laureato in storia dell’arte alla facoltà di Lettere dell’Università di Losanna nel 1985, allievo di Enrico Castelnuovo che egli ricordava nell’aprile di quest’anno in relazione a qualche fotografia di quel capolavoro del Romanico che è la basilica di Saint-Sernin a Tolosa. Erano gli anni 1980-1981 e la sezione di storia dell’arte visitava quei luoghi con il suo Professore, assistito da Erika Deuber, allora compagna e in seguito moglie di Jean Ziegler. L’ambito di ricerca di Edoardo riguardava principalmente la produzione artistica tra Seicento e Settecento legata all’emigrazione dei maestri dei laghi. Ha pubblicato guide e articoli per la Società di storia dell'arte in Svizzera o per la “Zeitschrift für schweizerische Archäologie und Kunstgeschichte”. È il caso di Antonio Roncati di Meride, autore della decorazione a stucco del Municipio di Zurigo e del Castello della Poya di Friborgo (70, 2013, Heft 4, pp. 267-278). Agustoni ha lavorato alla realizzazione di mostre alla Pinacoteca Züst di Rancate. Ricordo Giovanni Battista Bagutti e il contesto artistico locale tra ‘700 e ‘800 (1994) con Ivano Proserpi, L’Ex voto dipinto in Ticino. Alcune ipotesi attributive (2001) a cura di Mariangela Agliati Ruggia e Marco Franciolli, Scagliole intarsiate. Arte e tecnica nel territorio ticinese tra il XVII e il XVIII secolo (2007) a cura di Elfi Rüsch, “Gruppo di famiglia in un interno”. La collezione Bellasi di Lugano (2013) a cura di Mariangela Agliati Ruggia e Alessandra Brambilla. Nel 2020-2021, con Lucia Pedrini Stanga, è stata la volta di Dentro i palazzi. Uno sguardo sul collezionismo privato nella Lugano del Sette e Ottocento: le quadrerie Riva. Opere dai palazzi appartenuti alla famiglia Riva che hanno permesso di far luce su un aspetto di primo piano del collezionismo in quei secoli nelle nostre terre. Già nel 2014 Agustoni aveva pubblicato, sempre con Lucia Pedrini-Stanga, La quadreria Riva nel volume Il Palazzo Riva di Santa Margherita e la sua quadreria, a cura di Simona Martinoli per le Edizioni Casagrande di Bellinzona. Sempre editi dalle Edizioni Casagrande sono la Guida all’arte della Calanca (2005), Il Monte San Giorgio. Dai fossili alla lavorazione artistica della pietra (2005) con Markus Felber e il fotografo Thomas Banfi, Barocco. Alla scoperta di alcuni piccoli capolavori in territorio ticinese (2010) con Peter Keller. Ricordo ancora che, con Federica Bianchi, Agustoni ha curato il sesto volume della collana “Artisti dei laghi. Itinerari europei” dedicato a I Casella di Carona (Fidia, Lugano 2002) e Decorazioni a stucco tra Ticino, Campione d'Italia e Valle d’Intelvi: storia e conservazione nel 2009 per Giampiero Casagrande editore (Lugano). Ricordo inoltre, la sua collaborazione con l’Opera Svizzera dei Monumenti d’Arte di Locarno (OSMA) e il suo impegno nella Commissione dei Beni Culturali del Cantone Ticino. In questa veste ha seguito il restauro della Cattedrale di Lugano, chiesa su cui ha pubblicato Le vicende artistiche settecentesche. Fra tradizione e innovazione, in “Arte e Cultura”, fascicolo dedicato appunto a San Lorenzo (n. 6-7, 2017, pp. 210 -226). Una vita spesa bene per la sua famiglia, per il suo Cantone, per tutti noi quella di Agustoni, con un lavoro paziente, con il rispetto come tratto non formale e lo stare insieme testimoniato negli ultimi mesi con forza particolare e ammirevole apertura a ciò che attorno gli giungeva in modo via via più attutito. Anche rispetto alla vita sociale e politica rimase attento. Alla fine del mese di settembre, parlando della visita del Papa a Marsiglia per le Rencontres méditerranéennes con al loro cuore i migranti, mi scriveva: “Per fortuna Papa Francesco parla in modo chiaro e le sue parole non possono essere fraintese: il nostro dovere è l'accoglienza. Punto e basta. Tutto il resto viene dopo”.
Ciao Edoardo!
Jean Soldini, Marsiglia, fine ottobre 2023
Cliccando sul link potete leggere un saggio di Edoardo Agustoni sui pittori luganesi Torricelli, attivi in Piemonte, edito in Svizzeri a Torino, dal Quattrocento ad oggi, Arte e Storia, anno 11, n. 52, ottobre 2011.
Sabato 13 aprile, ore 15:00-17:00, Santuario della Madonna d’Ongero, Carona
Intervista a Laura Damiani, presidente di AsaSi e Eike Schmidt, Direttore delle Gallerie degli Uffizi di Firenze sul tema"La collezione di autoritratti degli Uffizi". [ascolta]
A cura di Monica Bonetti.